20 aprile 2013

Perché trilingue.

Poco più di un anno fa è nata nostra figlia Koko, che non è il suo nome, ma chiamerò così per motivi di privacy, da padre italiano, che sono io, e da mamma giapponese.

Non credo ci sia bisogno di infierire sulla situazione politica, economica e sociale del Bel Paese che ci ospita, per cui sintetizzo e mi limito a scrivere che la decisione di crescere nostra figlia trilingue (italiano, giapponese, inglese) è innanzitutto la chiave con la quale vorremmo aprirle le porte non solo dei nostri rispettivi paesi, ma del mondo intero.

Il nostro obiettivo oltre ad essere linguistico mira anche a trasmettere una marcata impronta interculturale, mettendo in chiaro che l'Italia è il paese che per ora e molti anni a seguire ci ospita e ospiterà, ma che là fuori c'è un mondo con più di sette miliardi di persone e una marea di opportunità.

Avere dei propositi ambiziosi non è per nulla difficile, ma metterli in pratica magari lo è.
Lo scopriremo presto, però è chiaro che dovremo trasmettere la nostra voglia e stimoli a Koko con razionalità e senza mai mollare, facendo in modo che nostra figlia diventi una bilingue per quanto possibile bilanciata, e con un alto livello di comprensione della lingua inglese, consci del fatto che tutto dipende quasi interamente da noi e dalle nostre scelte.

Stiamo adottando il metodo OPOL (one parent, one language) e ad oggi Koko, non considerando "mamma" e "babbo", ancora non parla, anche se dal punto di vista della comprensione dell'italiano e del giapponese i risultati sono piuttosto incoraggianti: a circa dieci mesi già recepiva diversi comandi in entrambe le lingue, mentre negli ultimi due è decisamente migliorata arrivando ad associare parole e nomi a cose e persone con molta facilità.

Il giorno del suo compleanno mostrava a tutti il suo dito indice alzato quando le veniva chiesto "quanti anni hai?" o "何歳ですか?". Ora chiude gli occhi fingendo di dormire se le chiediamo "hai sonno?" o "眠いの?", ed imita il suono di una macchina ("naaa naaa, naa, naaaaa...") se le si chiede "come fa la macchina?" o "車どうするの?".

L'inglese al momento ha un ruolo secondario, nonostante io e mia moglie continuiamo a parlarlo tra di noi come idioma principale, mischiando nella conversazione alcune parole o espressioni delle nostre rispettive lingue.
Koko difatti ci rivolgiamo sempre in italiano o in giapponese, anche se ogni tanto le leggiamo qualche libro per bambini in inglese, giusto per darle un'infarinata di base e farla abituare anche ai suoni della terza lingua.

Stiamo considerando se mandarla all'asilo di una scuola internazionale a settembre 2014, quando Koko avrà circa due anni e mezzo. Abbiamo abbastanza tempo per valutare, ma l'idea è quella di farle imparare l'inglese a scuola, perferibilmente in una scuola con insegnanti madrelingua.

2 commenti:

  1. Ciao. Sono una mamma italiana con marito giapponese e stiamo crescendo due bimbe tri/quadrilingue. Anche noi utilizziamo il metodo OPOL.
    Una domanda perché quando usate l'inglese tra di voi non lo utilizzate 'puro' invece di fare un mix? Secondo me il vostro inglese sarà l'inglese che imparerà all'inizio (come hanno fatto le mie figlie), quindi non credi che l'aiuterebbe di più nell'apprendimento dell'inglese se sentisse l'inglese 'corretto' e non mischiato ad altre lingue? Io e mio marito prima che io rimanessi incinta della nostra prima figlia facevamo un mix delle tre lingue, ma poi abbiamo deciso di dare l'esempio a nostra figlia appena sarebbe nata e di non mischiare quindi mai le lingue. Stiamo avendo risultati eccellenti. La nostra prima figlia ha quasi 5 anni e non mischia mai le lingue (ne ha 4 ora che usa regolarmente).

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  2. Ciao Gege.

    Inizialmente noi comunicavamo solo ed esclusivamente in inglese, poi lei ha imparato l'italiano ed io un po' di giapponese. Saprai bene che alcune espressioni sono pressoché intraducibili così, per quanto riguarda il parlato, il "mixing" è stato un modo per arricchire la nostra comunicazione ed esprimerci meglio. Tuttavia non misceliamo le lingue in modo bilanciato. Se dovessi ragionare in percentuali, direi: inglese 85%, italiano 10%, giapponese 5%.

    Abbiamo preso in considerazione l'idea di impegnarci a parlare solo ed esclusivamente inglese o italiano non appena sarebbe nata nostra figlia, ma alla fine abbiamo deciso di continuare con il mischiare le lingue perché in realtà gli esperti non lo sconsigliano (fonte: "The Bilingual Edge", pag. 27) e perché per quanto il nostro inglese sia buono, non è esente da difetti di pronuncia.

    Anche questo non sarebbe un grosso problema, tanto la pronuncia la si migliora con il tempo, però in sintesi il nostro metodo mira ad insegnarle le tre lingue nel modo più corretto possibile e fin da subito, per cui: italiano-giapponese con metodo OPOL, infarinatura iniziale di inglese tramite libri, poi scuola internazionale con insegnanti madrelingua.

    Grazie comunque per il consiglio e complimenti per i risultati ottenuti finora!

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