29 ottobre 2013

Luglio 2013: un mese in Giappone.

Prima di partire per il nostro primo viaggio in famiglia mi chiedevo: "quanto può essere importante per una bambina di un anno passare un periodo medio-lungo in Giappone e cosa può lasciarle un viaggio di questo tipo?".

Non riuscivo bene ad immaginarmi cosa avrebbe potuto assorbire mia figlia, così piccola, nell'intero mese di luglio. La curiosità non era poca.

L'itinerario da noi scelto è stato il classico mix modernità-antichità, tranquillità-frenesia, che offre il Giappone, iniziando da Osaka, dove vive l'intera famiglia di mia moglie, passando per Tokyo, dove sono la maggior parte dei nostri amici, e Hakone per un po' di relax.

L'aspetto più scontato è stato il rafforzamento del legame tra Koko e la nonna, il nonno, la cuginetta, gli zii e tutto il resto della famiglia, per il quale la comprensione del giapponese da parte della bimba è stata di fondamentale importanza. In poche ore Koko aveva già acquisito la scioltezza e la familiarità che ha con la nonna e il nonno italiano, mentre con la cuginetta si è creato un rapporto speciale, poiché le due tuttora sono ansiose di vedersi settimanalmente tramite Skype.

A Tokyo abbiamo passeggiato per lo Yoyogi Park per cinque minuti, prima che un diluvio ci costringesse a rintanarci sotto un chiosco, poi abbiamo fatto le ore piccole passando da un ristorante a un izakaya a Shibuya (nel frattempo la bimba si è addormentata), dove Koko ha scoperto che non solo mamma, babbo, nonna e nonna mangiano con le bacchette, ma anche tutti gli altri! E così anche lei ha provato, riuscendo con successo, incredibilmente.
Ancora oggi faccio fatica a crederci, ma ormai è un dato di fatto: a un anno e mezzo mangia anche con le bacchette.

Ad Hakone abbiamo passato due giorni in relax con visita al piacevolissimo Open Air Museum, attrezzato anche per i bambini più piccoli. Un posto molto consigliato.

E il resto? Tutto ciò che un viaggio lascia a una persona adulta, cosa può trasmettere a una bimba di un anno?

Nostra figlia ha mostrato molta curiosità per le semplici azioni quotidiane, imitando comportamenti e aspetti che ormai per noi sono pura normalità, come lo stare composti sul treno, non urlare in determinate situazioni ("i bimbi come te non lo fanno, vedi?"), camminare dritti senza intralciare il passaggio, mangiare composti senza distrazioni e tutte quelle buone maniere tipiche del Giappone e poco comuni dalle nostre parti in Italia.

Koko ha avuto la possibilità di confrontarsi con altri bambini, più o meno grandi, che rispetto agli italiani hanno diverse abitudini, comprendendo che determinati comportamenti sono un vantaggio in termini di indipendenza.

Soprattutto la bimba sembra aver capito che l'educazione che le sta trasmettendo la mamma ha un senso ben preciso, e che non è di certo l'unica al mondo che mangia il riso a colazione, che deve scendere dal seggiolone dopo aver detto "ごちそうさま", che mangia sul tavolo come tutti noi e senza giocattoli di mezzo, che non deve urlare per chiamare il babbo, ecc. ecc.

Insomma, Koko ha potuto verificare che c'è un'altra intera nazione che fa parte di lei e che i nostri sforzi serviranno a non farla sentire inadeguata.

Il Giappone è anche tuo, Koko.